Analizzando il caso Shein, si evince chiaramente che la moda non sembra vincere né sulla sostenibilità né sull’etica. Infatti, nonostante uno dei driver di acquisto di Shein siano i capi alla moda e trendy, esso risulta il brand di fast fashion meno acquistato. Ad oggi, infatti, i consumatori sono sempre più attenti al “value for money” e soprattutto sono dotati di un’estrema discrezionalità e selettività (consumer empowerment). Ciò rende i consumatori più esigenti e consapevoli dei brand che acquistano in relazione al rispetto dell’ambiente e del capitale umano. Oggigiorno, avere una reputazione positiva, coerente e stabile è indispensabile per poter competere sul mercato e, purtroppo, la reputazione di Shein è pessima.
Il team, composto da Ester Verdiani, Valentina Zanier e Francesca Zandrini, studentesse di Marketing Management dell’Università Bocconi, si è avvalso di ricerche desk e quantitative, con l’obiettivo di comprendere come fosse possibile coniugare il desiderio di essere alla moda e la riduzione dell’impatto ambientale del fast fashion. Partendo dalla comprensione di cosa vi è dietro la produzione di una maglietta e analizzando i trend del cambiamento ecologico ed etico-sociale, si sono chieste se “la moda può essere cool senza rovinare la Terra”.
Di seguito si propone un estratto.































